Tassa su gli extra profitti delle banche: una manna per gli speculatori
Senza saperne tanto di economia mi era venuto il presentimento che la recente norma introdotta in fretta e furia, senza avvisare nessuno, che dovrebbe tassare gli extra profitti delle banche fosse stata scritta più per gli speculatori di borsa che per gli utenti che stanno pagando interessi salati dopo l’aumento dei tassi da parte della Banca Centrale Europea che hanno fatto lievitare enormemente i mutui sulle case.
Un articolo di oggi di Alessandro Volpi pubblicato sul sito di Altre Economie mi fa pensare che non mi stavo sbagliando. Di seguito il testo:
“La vicenda della norma che colpisce gli extra-profitti delle banche, inserita nel calderone del cosiddetto “Decreto Asset” (Disposizioni urgenti a tutela degli utenti e in materia di attività economiche e investimenti strategici), varato dal governo prima di chiudere per ferie, è una prova tangibile della natura speculativa del cosiddetto mercato finanziario.
Di fronte a una misura scritta decisamente male per la sua eccessiva genericità, che la espone a ricorsi di varia natura, è partita una colossale ondata di vendite, moltissime delle quali è prevedibile allo scoperto, che hanno fatto perdere alle principali banche italiane quasi dieci miliardi di euro di capitalizzazione. Per essere ancora più chiari, la misura in questione, che intende applicare un’aliquota del 40% agli introiti bancari derivanti da una differenza tra i tassi praticati sui prestiti e quelli pagati alla clientela superiore al 6% nel periodo 2021-2023, ha un evidente carattere propagandistico. Mira infatti a colpire quelle banche che avrebbero approfittato dei tassi della Banca centrale europea per lucrare sulla propria clientela.
In altre parole, non è l’entità del profitto il dato rilevante, quanto appunto la differenza tra i tassi attivi e quelli passivi, in una sorta di “risarcimento degli italiani”, vessati dall’Europa (“Così ripariamo agli errori della Banca centrale europea”, ha dichiarato infatti il ministro degli Esteri Antonio Tajani). Il Governo Meloni riscopre così una vocazione sociale e tassa le banche ma lo fa con un provvedimento che non specifica ancora i termini di applicazione e che dovrà passare per un’ulteriore definizione parlamentare, in grado di stravolgerla, soprattutto di fronte alle inevitabili lamentele degli istituti dei credito e dei fan del turboliberismo.
In maniera paradossale, peraltro, il governo, nel momento in cui specifica solo la natura una tantum della norma, sostiene di voler utilizzare una parte del suo gettito per coprire le minori entrate generate dalla riforma fiscale che hanno inevitabilmente carattere strutturale.
Mettendo in fila tutti questi elementi, dall’inserimento della misura in un decreto assai confuso, all’assenza di una reale definizione dei criteri della sua applicazione, e dunque dei necessari passaggi parlamentari, fino alla destinazione a una improbabile copertura fiscale, avrebbe dovuto essere palese che la pomposa imposta contro gli extra-profitti ha i tratti della retorica proclamazione d’intenti.
Nonostante tutto questo, come accennato, la Borsa di Milano e non solo, ha mostrato di credere ciecamente alla natura punitiva del provvedimento e ha scommesso contro le banche. In termini più appropriati, bisogna mettere in luce che la speculazione più aggressiva ha puntato forte sul crollo dei titoli degli istituti di credito e, sfruttando i peggiori arnesi della finanza “short”, ha inflitto alle banche italiane un danno assai maggiore di qualsiasi futuribile imposta sugli extra-profitti. La finanziarizzazione selvaggia non mostra più alcun interesse per i dati della realtà, non prova neppure a valutare i contenuti dei provvedimenti normativi, ma costruisce in pochi istanti scosse telluriche enormi che hanno effetti decisamente più rilevanti di qualsiasi intervento della politica.
Forse il Governo Meloni, che manifesta costantemente la propria fedeltà ai dogmi del mercato, a cominciare dal fisco, avrebbe dovuto immaginare che cedere alle antiche origini della destra sociale poteva scatenare quegli “spiriti animali” a cui è difficile opporre resistenza. Adesso, dopo la tempesta subita dagli istituti di credito, è molto probabile che intervenga il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, finora silente sulla questione, per gettare acqua sul fuoco e far capire alle banche che era solo uno scherzo. Si trattava di una norma manifesto, appunto, che purtroppo per l’esecutivo di Giorgia Meloni, gli speculatori hanno gioiosamente cavalcato”.
Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro, del Partito della Rifondazione Comunista S.E. aggiunge in un comunicato altre considerazioni sulla tassazione degli extra profitti delle banche, visto più come un provvedimento bandiera che un reale regalo ai cittadini italiani.
“È un coro di consensi accompagnato da varie rivendicazioni di primogenitura sulla misura, “l’abbiamo detto prima noi”, quello con cui le opposizioni accolgono la tassa sui profitti alle banche.
E una boccata d’ossigeno per la Meloni in difficoltà sul salario minimo che riscuote consensi altissimi anche tra l’elettorato delle destre, e soprattutto a causa di una manovra finanziaria che comunque la si componga colpirà ancora una volta i lavoratori e i poveri.
L’adesione acritica delle opposizioni alla misura è un regalo alla Meloni, utile per nascondere che si è fatto tanto rumore per molto poco e accreditare la favola populista di un governo che non “risponde ai banchieri e fa pagare i furbi”.
E’ stata accreditata l’idea che le banche avrebbero sborsato finalmente il maltolto restituendo 9-10 miliardi guadagnati erogando interessi risibili ai correntisti e lucrando cifre enormi con tassi altissimi sui mutui.
E così sarebbe stato se si applicasse davvero l’aliquota del 40% sui differenziali dei margini d’interesse sbandierata a fini elettorali, le europee sono vicine, dal governo.
Infatti tra il2022 e il 2023 i margini d’interesse e gli utili delle banche sono aumentati dal 50 all’80% e nel caso di MPS del 2193%; tradotto in cifre solo nel 2023 i margini di interesse saranno circa 68 miliardi, 23 in più rispetto al 2022 e 30 in più del 2021.
Ma c’è il trucco! Nella norma è stata infatti inserita una clausola in base alla quale il prelievo complessivo a carico delle banche non dovrà superare lo 0,1% del totale degli attivi che secondo Banca d’Italia ammontano a 3200 miliardi.
Una cifra ridicola rispetto agli enormi profitti realizzati speculando sui tassi d’interesse ai danni di circa tre milioni e mezzo di famiglie e a vantaggio di manager e azionisti.
Tassare davvero tutti gli extraprofitti e la speculazione è un’altra cosa;
La verità pura e semplice è che questo governo continua con le politiche iperliberiste e antipopolari dei governi che l’hanno preceduto sotto i quali pandemia, inflazione galoppante e alti tassi sono state altrettante occasioni per favori finanza e imprese a danno dei ceti popolari”.