Si fa presto a dire casa
Covid 19: si è aperta una crisi economica che sarà ben più lunga del fermo delle attività e delle riaperture progressive. Al dramma della perdita del posto di lavoro, delle piccole aziende che non apriranno, delle attività stagionali e dell’occupazione conseguente che saltano il turno, si annuncia uno tsunami sociale: la perdita della casa per morosità incolpevole.
Il Governo, colpevolmente insufficiente, non stanzia adeguate risorse e non si prepara ad adottare atti per fronteggiare la nuova emergenza sociale che si determinerà con la perdita del lavoro e della casa. La pandemia ha aperto una crisi economica profonda, ben oltre il fermo totale, ben oltre la progressiva riapertura di tutte le attività.La perdita di posti di lavoro, la perdita di reddito stagionale, la scomparsa del turismo straniero e la riduzione delle esportazioni saranno le conseguenze che ci accompagneranno per i prossimi mesi se non anni.
Rischiamo uno tsunami sociale se la perdita del lavoro si sommerà automaticamente alla perdita della casa! Mai come oggi è necessario un cambiamento a 360 gradi delle politiche sull’abitare. Aumentare le risorse per il contributo affitto, bloccare gli sfratti per morosità incolpevole, riformare la legge sulle locazioni, requisire gli alloggi vuoti della grande proprietà, recuperare il patrimonio dismesso per riconvertirlo ad alloggi popolari.
Una nuova stagione per gli Enti Locali che possono contribuire all’uscita dell’emergenza economica e sociale e alla mancanza strutturale di alloggi popolari. Un piano straordinario di alloggi popolari senza consumare e cementificare suolo ma recuperando l’immenso patrimonio pubblico abbandonato. “Noi restiamo a casa” è stata la parola d’ordine con la quale si è chiesto responsabilità e autodisciplina alle persone, incuranti che per tutti non era lo stesso sacrificio: non lo è per piccoli artigiani, lavoratori stagionali, autonomi, a chiamata, part time, partite iva o al nero che perdevano la loro unica fonte di sopravvivenza. Per studenti fuori sede, per le famiglie che vivono in sovraffollamento o in alloggi insalubri, non lo è per chi addirittura la casa non ce l’ha!
La crisi economica determinatasi con il Covid 19 ha moltiplicato il rischio della perdita del lavoro, e con esso della perdita della casa per morosità incolpevole. Si stima in circa 200.000 le famiglie a rischio di sfratto. Ma mentre il tema del lavoro entra drammaticamente nell’agenda della politica (per ora molto e solo a parole) il pericolo della perdita della casa rimane sostanzialmente ignorato!
Che nessuno resti senza casa è la battaglia che ci vede impegnati a tutti i livelli.
L’iniziativa dell’Unione Inquilini dall’inizio della quarantena ha ottenuto due importanti provvedimenti: la sospensione degli sfratti esecutivi, inizialmente al 30 giugno poi prorogata al 30 settembre (ma è evidente non basterà), e con l’ appello “l’emergenza è l’affitto” (promosso da Unione Inquilini, Link Coordinamento Universitario, Rete della Conoscenza e Pensare Urbano, da noi ovviamente sottoscritto e diffuso), la richiesta di un stanziamento straordinario al fondo contributo affitto, da aggiungere alle risorse sbloccate dal Governo sull’anticipazione delle annualità 2019 e 2020. Da stornare a Regioni e Comuni.
Anche le Regioni si erano impegnate nella richiesta al Governo di aumentare di ulteriori 550 milioni i contributi per l’affitto, di accorpare in un unico fondo quelli precedenti per morosità incolpevole e contributi in affitto e di semplificare l’iter burocratico lento e complicato, nonché rendere accessibili i fondi alle famiglie a condizione che abbiano avuto una riduzione reddituale del 30%.
Infine anche un ordine del giorno della maggioranza al Senato impegna il Governo a stanziare “ingenti” risorse per gli affitti. La sordità del Governo alla richiesta delle Regioni e all’ordine del giorno approvato dalla sua maggioranza al senato è di poco preoccupante, “Il governo -denuncia in una accorata nota l’Unione Inquilini- quindi stanzierà solo 100 milioni di euro, lo 0,18% della dotazione di 55 miliardi di euro del prossimo decreto (…). Rivolgiamo infine un accorato appello ai parlamentari e ai gruppi parlamentari (…) Che siano loro a far sentire il grido disperato di centinaia di migliaia di famiglie piombate nel baratro della morosità. Infine chiediamo ai proprietari e alle loro associazioni di uscire dalla loro limbo di imperturbabilità perché il gorgo delle morosità colpirà anche voi. Anche se vi siete finora assolti sarete comunque coinvolti.” La totale inadeguatezza delle risorse stanziate per il contributo in conto affitto alle famiglie che hanno avuto una riduzione del reddito causa pandemia la dice lunga sul vero segno delle politiche governative, le sue vere priorità e su chi pensano di poter abbandonare per strada per far pagare loro i costi della crisi economica. Non è stato uguale per tutti il “resta a casa” siamo consapevoli che la ripresa delle attività non significherà il “ritorno a come era prima” ma i primi accenni ci dicono che è del tutto inaccettabile e insostenibile socialmente su come il Governo pensa sostenere gli effetti della crisi economica, ossia abbandonando i più fragili!
La richiesta delle Regioni e l’ordine del giorno approvato in Senato aveva il significato di un importante passo avanti nell’agenda politica, che per la prima volta assumeva l’emergenza casa come priorità da fronteggiare con adeguate risorse, ma il Governo lo ha respinto. Rimane da sottolineare che l’adeguato finanziamento al fondo contributo affitti per evitare da subito la morosità incolpevole (accompagnato da una sostanziale semplificazione e velocizzazione delle procedure burocratiche) erano misure tampone importantissime per evitare l’ondata di sfratti, ma rimanevano insufficienti per risolvere da sole il diritto all’abitare. Per quantificare il bisogno di contributi basti pensare, a solo titolo esemplificativo, che l’anno scorso a Firenze 1000 sono state le domande presentate di contributo in conto affitto, quest’anno sono quasi quadruplicate, e sono arrivate ben 3495. A queste si si devono sommare quelle non pervenute nei termini di scadenza e quelle che non sono mai state spedite perché le famiglie non avevano la possibilità di compilare online la domanda. Prime misure importanti quindi, ma sostanzialmente tamponi per mitigare l’emergenza esplosa con la crisi economica, per bloccare gli sfratti per morosità incolpevole che colpiranno famiglie e piccoli esercizi commerciali o di artigianato.
E’ evidente che non può essere abbandonata la richiesta di un adeguato finanziamento di questo capitolo come deve trovare applicazione veloce la procedura burocratica per beneficiare del contributo che dovrà essere concesso sulla dichiarazione del bisogno e non sulla base di vecchie procedure burocratiche (i bandi) che nella pratica effettiva si sono rivelati discriminanti e vessatori. Si pensi solo alla presentazione obbligatoriamente on line quando la serrata impediva di recarsi presso sindacati e sportelli sociali e quindi ha discriminato in partenza chi non aveva un p.c. o chi non sapeva usarlo adeguatamente! La crisi economica lunga, la mancanza di turismo immediata e passeranno anni per raggiungere gli attuali livelli (se fosse questo l’obiettivo!) chiedono di riprogettare le nostre città, di affrontare strategicamente il diritto all’abitare perché il bisogno casa è destinato a crescere. C’è quindi bisogno di molto di più di misure tampone (che il governo nega) e per lungo tempo e anche a questo Comuni e Regioni sono chiamati a contribuire, anche con risorse proprie. E a ripensare tutto il comparto.
E’ necessario da ora riprogettare il mercato della locazione, l’uso delle requisizioni quale misure penalizzanti lo sfitto delle grandi proprietà immobiliari, ma soprattutto la risposta corposa può arrivare dal rilancio dell’edilizia residenziale pubblica. Mercato delle locazioni: nelle grandi città e nelle città d’arte spesso gli affitti hanno inciso per il 40% ed oltre del reddito familiare: Canoni speculativi e insostenibili prima e tanto più per i prossimi anni, mentre sul versante opposto, quello dei proprietari, scomparsa per i prossimi anni dei clienti del mercato del turismo b&b. E’ questo il momento per rimettere mano alla legge sulla determinazione dei canoni (L.431/98) al fine di porre vincoli sulla determinazione del canone per renderlo compatibile con le retribuzioni dei lavoratori.
Iniziative diverse e locali per calmierare il mercato delle locazioni sono poco convincenti circa l’esito che otterranno. Il Comune di Firenze ad esempio, che si offre come Garante tra proprietario e locatario per la rinegoziazione del canone. Tentativo sempre fallito negli anni precedenti, il proprietario di per sé non è spinto da una vocazione umanitaria e senso civico e pertanto rimane poco propenso a limitare i suoi guadagni . Rimaniamo convinti che la rinegoziazione degli affitti per essere incentivata deve trovare una cornice nazionale che renda poco agibile e molto rallentata (bloccata per emergenza sociale!) la procedura di sfratto per morosità incolpevole. Per rafforzare questa strada è necessario porre al centro la questione delle requisizioni degli alloggi sfitti della grande proprietà. Solo per questa via sarà possibile incentivare la rinegoziazione degli affitti e combattere la rendita fondiaria e immobiliare. Lo strumento della requisizioni oggi si ripropone con forza proprio per la sua attualità quale unico volano per evitare il ritorno della pandemia, il rispetto delle misure di isolamento dei contagiati per chi non può stare nel proprio appartamento, le condizioni di igienicità.
Manca ancora un aspetto fondamentale e strategico: tornare a investire nell’edilizia economica e popolare perché i prossimi anni subiranno ancora gli effetti della crisi economica determinata dalla quarantena per il Corona Virus. Già oggi si parla di 10 milioni di persone in povertà o a rischio di povertà, compresa la cosiddetta “fascia grigia”. Tornare ad investire sull’edilizia economica e popolare coincide anche con la possibilità vera dei Comuni di contribuire all’uscita della crisi economica. Aggiungendo importanti risorse proprie.
Se per anni le amministrazioni locali hanno permesso che un consistente patrimonio pubblico rimanesse dismesso, vuoto e abbandonato in attesa di un “offerta” confacente alla rendita immobiliare e finanziaria del mercato privato, oggi questi aspirazioni da “piccolo imprenditore immo biliare” vanno velocemente abbandonate. Tutto il patrimonio a qualunque titolo pubblico e compatibile con la residenza deve essere riconsegnato ad essa. Una siffatta scelta guarda al ripopolamento dei centri storici e quindi alla rinascita anche di negozi e attività di vicinato, contrastando così la gentrificazione e la loro desertificazione sociale (a cui fa da contraltare le periferie abbandonate a sé stesse). Un aumento significativo di alloggi popolari senza consumo ulteriore di suolo, senza cementificazione! Ed infine privilegiando, per velocizzare la consegna degli alloggi alle famiglie in graduatoria, il loro recupero a scomputo dell’affitto.
Se il corona virus ha aperto una emergenza economica e sociale eccezionale, le risposte devono essere all’altezza di questa sfida. Il ritorno alla normalità non può essere fatto facendo pagare i costi agli strati sociali più deboli e non può essere inteso come mera riproposizione del prima: i problemi saranno più gravi e infieriranno maggiormente su strati sociali ancora più fragili e in sofferenza. Oggi un consistente patrimonio vuoto e abbandonato deve tornare a vivere e può diventare il volano per la soluzione di un male che da decenni invece ci strangola: il bisogno casa. Il primo passo è l’individuazione del patrimonio pubblico dismesso e inutilizzato per pretenderne, se compatibile con la residenza, il suo riutilizzo immediato.
Per questo, di fronte a una insensibilità di governo centrale, e nel caso anche di Regioni e Comuni l’individuazione del patrimonio da destinare alla residenza deve partire anche dal protagonismo dei consiglieri comunali, laddove siamo presenti nelle istituzioni, dei sindacati dell’inquilinato e non per ultimo dagli sportelli sociali: costruire un movimento partecipato per dare casa a chi non ce l’ha, per dare spazi sociali e di aggregazione nei quartieri della solitudine. L’uscita dalla crisi economica deve diventare la battaglia per far nascere e una nuova stagione che ponga al centro il soddisfacimento dei diritti e dei bisogni fondamentali delle persone. E il diritto alla casa lo è. La scomparsa per i prossimi anni di un over tourism che distrugge città e tessuto sociale deve aiutare gli amministratori a mettere nel cassetto le aspirazioni del piccolo imprenditore speculatore. Residenzializzare i centri storici, azzerare le domande di alloggi comunali, incentivare un mercato privato delle locazioni meno speculativo.
Ciò può ridare alle città quel ruolo di crescita sociale che hanno ricoperto dai tempi dell’Umanesimo, e aiutarci tutti a ritrovare il senso della civitas persa negli ultimi decenni.
Monica Sgherri, Responsabile nazionale Casa Rifondazione Comunista