Occupazione, ambiente o tutte e due.
Intervista ad Andrea Bordigoni, RSU CGIL SANAC, ci racconta di una lotta di periferia, ma strettamente connessa con la questione nazionale di ILVA di Taranto, il caso nazionale tra occupazione e ambiente. SANAC fa parte del gruppo RIVA con 4 stabilimenti a Cagliari, Gattinara e Vado Ligure oltre a Massa. Oggi è una realtà di peso sul nostro territorio che muove lavoro ed indotto.
Andrea, grazie per la tua disponibilità e vorremmo avere da te qualche notizia sulla vostra situazione. Intanto raccontaci come è iniziato il tutto.
La nostra vertenza nasce circa 6 anni fa. SANAC è una fabbrica del gruppo RIVA, cioè ILVA di Taranto e la nostra storia è legata a doppio filo alle vicende di Taranto. Produciamo refrattari per i forni delle colate delle acciaierie, una volta avevamo molti clienti, oggi ci riduciamo quasi esclusivamente a lavorare per Taranto. Siamo in amministrazione straordinaria e il nostro futuro al momento è molto incerto. MITTAL ha consegnato una fidejussione che scade a Novembre per l’acquisto definitivo, ma è già un paio di volte che la scadenza viene rimandata. Ci teniamo a dire che noi non abbiamo mai avuto problemi ambientali, quindi siamo totalmente diversi rispetto ad ILVA, le nostro produzioni sono completamente sostenibili
Quindi entrerete a far parte del gruppo indiano?
Così dicono, ma noi non ci crediamo, non ci abbiamo mai creduto. E speriamo non accada. Oggi ACELOR MITTAL ci sta solo mettendo il bastone tra le ruote.
Cosa te lo fa dire?
Io faccio il manutentore, vedo come sono messi gli impianti, sono anni che non si fanno investimenti. Se ci fosse interesse strategico verso di noi si permetterebbe all’amministratore straordinario di vedere lontano, di porre le basi per una crescita. Invece si vive alla giornata perchè MITTAL in questo momento non paga, 20 milioni di euro deve dare a SANAC e noi siamo veramente ridotti all’osso nelle nostre attività.
In quanti operai siete?
Poco più di 100, eravamo di più fino a pochi mesi fa, oltre 150, ma i contratti a tempo determinato e gli interinali non sono stati rinnovati, i pensionamenti mai reintegrati. Poi ci sono tre ditte esterne, pulizie industriali e piccola manutenzione, ditte che lavorano esclusivamente con noi e quindi la loro sopravvivenza è legata alla nostra. Una 50 di dipendenti che rischiano più di noi. Noi abbiamo la cassa integrazione aperta, loro no. Per questo noi operai abbiamo fatto sempre una battaglia unica e molto spesso gli operai delle ditte esterne sono con noi in piazza. Hanno capito la delicatezza della situazione.
Tutti uniti?
Sì, oggi sì, abbiamo tutti capito che la lotta va fatta, è l’unica strada. Abbiamo scioperato anche il 9 di giugno con i metalmeccanici e abbiamo fatto un presidio fuori dei cancelli. Lo stesso hanno fatto gli altri tre stabilimenti in Italia. E’ l’unica strada, lo abbiamo detto anche al Prefetto, non ci stiamo ad esser merce di scambio per l’affare ILVA, vogliamo che anche dal Prefetto giunga al governo una cosa che abbiamo già detto al MISE, cioè che L’unica possibilità di salvezza per SANAC è la via della nazionalizzazione, ma lo è di tutta la filiera dell’acciaio. Ci sono le potenzialità per creare una filiera importante nel nostro paese. Facciamo prodotti di qualità che per la loro resa sono preferiti a quelli fatti in oriente, è un peccato buttare al vento tutto questo know how. Oggi lo dicono anche i sindacati
Avevano visioni diverse?
Inizialmente ci dicevano, in sintonia con il governo che il nostro futuro passava da Acelor Mittal, oggi stanno venendo sulle posizioni di noi operai, forse si sono accorti che poi le multinazionali sono tutte uguali e vanno dietro al profitto, del resto gli importa poco. Sono capitalisti, dopo tutto. Non nascondo che, nonostante io sia RSU, abbia avuto conflitti con il sindacato, ma credo che questi attriti abbiano fatto crescere tutti, anche la vertenza e il ripensamento dei sindacati ci insegna che essere conflittuali, con intelligenza, premia.
E la politica?
Purtroppo poca roba, veramente delusi, durante le nostre presenze al MISE solo rassicurazioni false e tentativi di calmare gli animi non avere problemi. Lo Stato non è forte in questo momento o non vuole essere forte, segue gli indirizzi del mercato, cioè il profitto, cercando di non “disturbare” gli obiettivi di Acelor Mittal.
Quindi la lotta oggi è ancora più dura?
Certo, stiamo continuando a scioperare e a effettuare cali di rendimento produttivo. Ci dicono che non vogliamo lavorare, ma in realtà è proprio il contrario. Vogliamo dimostrare che il nostro lavoro ha un valore, una sua importanza e se se ne accorgono con il cali di rendimento significa che l’operaio, nella fabbrica, conta, è ancora il perno di tutto. Quindi continueremo a farlo perchè vogliamo costruirci il futuro nel lavoro in cui crediamo, per noi e per le nostre famiglie.
Dietro ad ogni operaio c’è una famiglia. I famigliari degli operai come la vivono?
Ci dicono di lottare e andare avanti. Abbiamo dato molto a SANAC la mia famiglia lo sa e anche loro non vogliono a questo punto vedere andare in fumo i risultati che abbiamo ottenuto. Il supporto dei familiari è importante e devo dire che nonostante ogni tanto venga voglia di mollare, sono loro che mi sostengono per continuare. Ci dicono loro di andare in piazza.
Ora cosa succede?
Intanto abbiamo ridotto l’orario di una giornata. ILVA fa poche colate, dalle 40 alle 26 attuali, quindi meno refrattari e meno vendite. L’amministrazione straordinaria di SANAC vende a ILVA solo se paga, sembra arrivare a breve una tranche dei vecchi pagamenti inevasi e questo potrebbe riportare un po’ di lavoro. Noi siamo stretti tra amministrazione straordinaria e ILVA, nelle loro discussioni ci siamo noi e se non proviamo ad uscire da questa morsa con azioni importanti, rischiamo di rimanere inesorabilmente schiacciati. Noi ci muoviamo su tre livelli. Primo quello della proposta, abbiamo sempre chiesto al governo sia una posizione forte con Acelor Mittal che arrivi alla nazionalizzazione, sia una ricerca di clienti per noi, o meglio, una riconquista dei nostri vecchi clienti che oggi non si fidano più a comprare da noi. Un secondo livello quella della trattativa con l’amministrazione straordinaria per mantenere vivo e operativo il nostro stabilimento, per far capire quanto siamo capaci essere produttivi. Terzo livello quella della conoscenza della nostra situazione al territorio apuano: siamo una realtà importante e la gente lo deve sapere, vorremmo fare dei volantinaggi in città per far capire chi siamo, cosa vogliamo e quale sia il nostro ruolo nel territorio. Vorremmo che un giorno, se dovessero alzarsi i toni del conflitto, la gente ci riconoscesse per quello che siamo e non per le vulgate sugli operai che sono in piazza per difendere i propri privilegi. Vogliamo far conoscere ora la nostra storia.