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Lula su Assange: “Il suo arresto va contro la difesa della democrazia e della libertà di stampa”

Pochi sono stati i leader mondiali, e c’era da aspettarselo, che hanno commentato la decisione di un giudice britannico di non accettare il ricorso contro l’estradizione negli Stati Uniti presentato da Julian Assange, uno dei pochi è stato il presidente brasiliano Lula.

“Vedo con preoccupazione l’imminente possibilità dell’estradizione del giornalista Julian Assange. Assange ha svolto un lavoro importante nel denunciare le azioni illegittime di uno stato contro un altro. Il suo arresto va contro la difesa della democrazia e della libertà di stampa. È importante che ci mobilitiamo tutti in sua difesa”, ha scritto Lula su  Twitter.

Pochi sono stati leader mondiali che hanno commentato la decisione del giudice Jonathan Swift di non accettare il ricorso di Assange come del resto pochi sono stati i media che hanno dato la notizia, ma si sa che non bisogna irritare lo Zio Sam. 

La Corte Suprema britannica ha respinto il ricorso presentato dai legali di Julian Assange contro la sua estradizione negli Stati Uniti che gli costerebbe ben 175 anni di carcere per aver diffuso sulla piattaforma Wikileaks migliaia di documenti classificati che documentavano i crimini commessi dagli Stati Uniti in Iraq ed Afganistan.

Dopo aver esaminato le otto motivazioni di appello proposte dai legali di Assange, Swift ha sentenziato di non ritenere che questi sollevassero «alcun caso adeguatamente discutibile».

Separatamente in un altra sentenza lo stesso giudice ha negato ad Assange il permesso di ricorrere in appello contro il respingimento di altre parti del suo tentativo di evitare l’estradizione.

In precedenza, nel gennaio 2021, il giudice distrettuale Vanessa Baraitser aveva sentenziato a favore di Assange riconoscendo che al giornalista venivano lesi i propri diritti umani e soprattutto le sue condizioni fisiche e psichiche non permettevano l’estradizione negli Stati Uniti. Era quindi stata presentata da Washington, nell’aprile 2022,  una richiesta di estradizione a cui era seguita l’approvazione formale dall’allora ministro dell’interno Priti Patel nel giugno dello stesso anno.

Ma i legali del giornalista australiano e sua moglie, Stella Assange, non demordono, infatti Stella Assange ha scritto che martedì verrà presentata una nuova richiesta di appello presso la Corte Suprema. 

“Restiamo ottimisti sul fatto che avremo la meglio e che Julian non sarà estradato negli Stati Uniti dove dovrà affrontare accuse che potrebbero portarlo a trascorrere il resto della sua vita in una prigione di massima sicurezza per aver pubblicato informazioni vere che hanno rivelato crimini di guerra commessi dal governo degli Stati Uniti”, ha affermato la signora Assange.

Julian Assange si era rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador, nel quartiere londinese di Knightsbridge, dopo aver ricevuto l’asilo politico concessogli undici anni fa dall’allora presidente ecuadoriano Rafael Correa e vi era restato per sette anni. Nel 2019 il nuovo presidente dell’Ecuador aveva revocato l’asilo ed, in violazione degli accordi di Vienna che regolano i rapporti diplomatici tra paesi, aveva permesso alla polizia britannica di entrare nella sede diplomatica per arrestare Assange. Il giornalista australiano è detenuto da quattro anni nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh.

La storia di Assange è l’esempio tipico della libertà di stampa che vige nel nostro mondo democratico: quando denunci i misfatti degli Stati Uniti per te è la fine.

 

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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